Dieta Mediterranea: “Patrimonio culturale dell’umanità” *

di Greta ZUMPANO *

LA DIETA Mediterranea si ispira alla tradizione alimentare dei Paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo (in particolare Italia, Francia meridionale, Grecia, Spagna , ma anche Paesi del vicino Oriente e dell’Africa settentrionale). In questo tipo di regime alimentare predominano gli alimenti di origine vegetale, mentre è più contenuto il consumo di alimenti di origine animale. Cereali, olio d’oliva, vino (la “triade alimentare” mediterranea) furono importati dalla Mezzaluna Fertile nelle regioni del Mediterraneo migliaia di anni fa e per secoli hanno costituito il fulcro delle abitudini alimentari locali accompagnandosi a quello di altri cibi provenienti per lo più dalle attività agricole e della pesca.

A partire dalla prima metà del 1900 alcuni medici osservarono che le patologie cardiache più note erano poco presenti o assenti in Paesi con un’alimentazione prevalentemente vegetariana o erano diminuite in uno stesso Paese in seguito alle ristrettezze alimentari che si erano verificate durante e in seguito alla seconda guerra mondiale.

La paternità della ricerca sulla Dieta Mediterranea è attribuita a Lorenzo Piroddi (1911 – 1999), medico ligure che studiò la connessione tra abitudini alimentari e malattie del ricambio (malattie cardiovascolari,diabete,obesità). Per curare i suoi pazienti, Piroddi elaborò una prima versione della Dieta Mediterranea, che limitava il consumo di grassi animali privilegiando quelli vegetali.

Ma il primo studioso che diede visibilità internazionale alla Dieta Mediterranea fu Ancel Keys (1904 – 2004) che  contribuì al consolidamento dell’espressione “Dieta Mediterranea” e diede dignità medica e scientifica a tale espressione, codificando le caratteristiche della Dieta.

Alla fine degli anni quaranta, Ancel Keys,  biologo e fisiologo dell’Università del Minnesota, intuì che le abitudini alimentari e altre caratteristiche dello stile di vita potessero influenzare la salute e in particolare l’insorgenza della cardiopatia coronarica. Keys elaborò uno studio osservazionale, passato alla storia con il nome di Seven Country Study, (Studio delle Sette Nazioni ) allo scopo di documentare la correlazione fra stile di vita, alimentazione e malattie cardiovascolari. All’interno di questo studio sono state messe a confronto le diete di sette diversi paesi: Italia, Stati Uniti, Grecia, Finlandia, Paesi Bassi, Jugoslavia e Giappone, in modo da osservare i vantaggi e gli svantaggi dei diversi modi di alimentarsi sulla salute delle persone. Tra i paesi italiani coinvolti nello studio anche Nicotera (Calabria).

Grazie ad un’osservazione clinica lunga un ventennio, lo scienziato si rese conto che i gruppi etnici colonizzanti il bacino del Mediterraneo, grazie ad un’alimentazione più salutare rispetto a quella americana, avevano una minor incidenza di quelle patologie definibili “le malattie del benessere” (sovrappeso, diabete, colesterolo alto ecc).

Dallo studio si evinse quindi  che le abitudini alimentari tipiche delle coorti del Mediterraneo rappresentavano un modello per la prevenzione delle malattie cardiovascolari ponendo le basi scientifiche sulla scelta di una corretta dieta caratterizzata da una predominanza di alimenti vegetali e pesce rispetto ad alimenti di origine animale e zucchero.

Negli anni ’70, Keys  divulgò l’esito dell’esperimento negli Stati Uniti con la pubblicazione di un libro (Eat well and stay well), auspicando  che i propri concittadini statunitensi cambiassero le proprie abitudini alimentari uniformandosi a quelle mediterranee, per migliorare le loro condizioni generali di salute.

Il 16 novembre 2010 la Dieta Mediterranea è stata dichiarata dall’UNESCO “Patrimonio culturale immateriale dell’umanità”con la  seguente  motivazione:

“Questo semplice e frugale modo di consumare i pasti ha favorito nel tempo i contatti interculturali e la convivialità, dando vita a un corpus formidabile di saperi, costumi sociali e celebrazioni tradizionali di molte popolazioni del mediterraneo”.

Un riconoscimento che ha contribuito a dare visibilità su scala planetaria ad una pratica culturale sviluppatasi nel corso dei secoli nel nostro Paese e nel bacino mediterraneo grazie ad apporti culturali e a materie prime della più disparata provenienza e che rappresenta oggi un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Dal sito dell’UNESCO si legge: “Il termine dieta si riferisce all’etimo greco ‘stile di vita’, cioè all’insieme delle pratiche, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, delle abilità, dei saperi e degli spazi culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei secoli una sintesi tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e religioso intorno al mangiare. […] La dieta mediterranea rappresenta un insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola, includendo le colture, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione, la preparazione e, in particolare, il consumo di cibo. E’ caratterizzata da un modello nutrizionale rimasto costante nel tempo e nello spazio, costituito principalmente da olio di oliva, cereali, frutta fresca o secca, e verdure, una moderata quantità di pesce, latticini e carne,  condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi, sempre in rispetto delle tradizioni di ogni comunità.”

La Dieta Mediterranea si è rivelata un importante alleato nella prevenzione di malattie come obesità, diabete, patologie cardio-vascolari, neoplasie, patologie neuro-degenerative, malattie osteo-articolari perchè:

  • limita l’assunzione di alimenti ricchi di grassi saturi come le carni rosse, i formaggi e gli insaccati, responsabili, se in eccesso, di elevati livelli di colesterolo e quindi di rischio aterosclerotico;
  • prevede l’assunzione di elevate quantità di frutta e verdura, ricche di fibre che limitano l’assorbimento intestinale dei grassi e rallentano quello degli zuccheri, prevenendo così picchi glicemici;
  • prevede il consumo di olio di oliva, di noci e di mandorle, ricchi di acidi grassi mono e polinsaturi, che regolano la colesterolemia e migliorano la sensibilità all’insulina, riducendo il rischio di diabete di tipo 2;
  • è ricca di alimenti ad alto contenuto di sostanze antiossidanti come mirtilli, cavolo verde, barbabietola, pomodori, spinaci, e in particolare, aglio e cipolla che contrastano lo sviluppo dell’arteriosclerosi;
  • utilizza le erbe aromatiche, che permettono di ridurre l’assunzione di sale contribuendo così a regolare la pressione arteriosa;
  • è moderatamente ipocalorica, ricca di fibre che aumentano il senso di sazietà e modulano l’assorbimento dei vari nutrienti favorendo il controllo del peso corporeo.

*Biologa nutrizionista

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