Crisi generata dall’emergenza. Come ripartire? *

di Celestina FOTI *

LE MISURE di contenimento del contagio da Covid-19 adottate dal Governo hanno portato alla sospensione di circa 2,2 milioni di imprese, con un’occupazione di 7,4 milioni di addetti di cui 4,9 milioni di dipendenti.     (ISTAT 2020).

L’entità della crisi legata al Coronavirus è tale che non si può fare una stima delle possibili conseguenze, anche se sono molte le previsioni che affermano che assisteremo ad una riduzione del PIL (Prodotto Interno Lordo) maggiore di quella causata dalla crisi finanziaria globale del 2008. Da un recente studio pubblicato dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) si evince che i settori maggiormente colpiti dal lockdown sono quelli dell’alloggio e ristorazione, del commercio, dei trasporti ma anche quelli riferiti ai servizi commerciali e alla socializzazione. In particolare, sarebbero fortemente colpiti i settori della cultura e dell’intrattenimento, oltre al commercio al dettaglio. Tutto ciò ha generato uno shock rilevante sull’intero sistema produttivo contribuendo ad un aumento drammatico della disoccupazione e un crollo del benessere sociale, con la conseguenza di un’enorme perdita del PIL ed una risalita molto lenta. Per affrontare questa emergenza è necessaria l’attivazione massiccia e repentina di strumenti di integrazione al reddito da lavoro e il sostegno alla liquidità delle imprese.

Le significative misure che fino ad ora sono state adottate dal Governo possono ricondursi al potenziamento del Fondo Centrale di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (PMI), rivolto ai lavoratori autonomi, professionisti ed imprese fino a 499 dipendenti per favorire loro l’erogazione di prestiti garantiti fino a 5 milioni di importo, e alla nuova garanzia SACE a copertura di finanziamenti bancari a sostegno delle imprese danneggiate dall’ epidemia da Covid-19 e che abbiano già utilizzato fino a completa capienza il Fondo Centrale di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese. 

Tutto ciò per salvaguardare quei settori che costituiscono, con le eccellenze del Made in Italy, il pilastro del nostro sistema produttivo. In questa fase di emergenza sanitaria, le prospettive economiche sono gravemente compromesse e non è ancora chiaro con quali tempi potranno essere ristabilite. Inoltre, questa situazione ha generato nuovi poveri e nuove emergenze nei diversi settori: economico, sociale e sanitario. Per fronteggiare ciò, un aiuto potrebbe arrivare dal coinvolgimento del terzo settore con particolare riferimento agli enti no profit che rendono servizi di utilità ai cittadini e alle famiglie e che rappresentano un presidio fondamentale per la tenuta sociale del Paese. Invero, nei DCPM che si sono susseguiti per fronteggiare l’emergenza in corso, nulla è stato previsto per favorire l’implementazione di mezzi e strumenti da parte degli enti no-profit.

Pertanto, tali enti possono trovare supporto finanziario ricorrendo al “Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore” già previsto dal Codice del Terzo settore.

Questo fondo è destinato a sostenere lo svolgimento di attività di interesse generale per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che possono essere perseguite attraverso il finanziamento di iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale e fondazioni. In particolare, sono destinati 12,63 milioni a progetti di rilevanza nazionale; 28 milioni per iniziative e progetti di rilevanza locale; 7,75 milioni per l’acquisto di autoambulanze; 2,58 milioni per contributi annuali per gli enti associativi. Bisogna aggiungere che con il Decreto Ministeriale n. 44 del 12 marzo 2020, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emanato l’atto di indirizzo per l’anno 2020 volto ad individuare gli obiettivi generali, le aree di intervento e le attività che si possono finanziare con il fondo sopra menzionato.

Tra gli obiettivi previsti dalla norma in esame possiamo enucleare quelli di seguito elencati:

  • porre fine ad ogni forma di povertà;
  • assicurare la salute ed il benessere per tutti e per tutte le età;
  • fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento permanente per tutti;
  • incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti;
  • garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo.

Al fine del raggiungimento di tali obiettivi, tra le tante attività previste dal decreto possiamo menzionare quelle relative ad interventi e servizi sociali per garantire la qualità della vita; la ricerca scientifica di particolare interesse sociale; le prestazioni sanitarie; l’educazione, istruzione e formazione professionale nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa; l’organizzazione e la gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato e delle attività di interesse generale. Questi sono gli obiettivi e le azioni con le quali gli enti del terzo settore potranno contribuire alla ripresa socio- economica post covid-19.

In questo modo si potranno rilanciare tutte quelle attività culturali ora in lockdown. Si potrà, altresì, sostenere con nuova linfa e nuove idee l’istruzione che, seppur non ha smesso di essere impartita, soffre delle difficoltà connesse all’uso degli strumenti di didattica a distanza. Attraverso processi di mutuo-aiuto, si potranno rafforzare i legami di vicinanza e di supporto al fine di rispondere ai bisogni di prima necessità e di pronto intervento. Rinnovato supporto potrà essere dato alla ricerca scientifica e alle prestazioni sanitarie anche attraverso l’implementazione di presidi medico-sanitari mobili per assicurare interventi di prevenzione e di primo soccorso. Per i lavoratori, l’attività del terzo settore potrà puntare a potenziare le attività di tutela ed informazione. Attraverso l’attivazione di sportelli informativi ed unità mobili provviste di operatori quali mediatori culturali, psicologi e personale competente, si potrà sostenere una nuova cultura della responsabilità sociale e di comunità. Si potranno sviluppare nuove forme di welfare in grado di generare nuove risorse anche attraverso il coinvolgimento attivo e partecipato in attività di utilità sociale dei soggetti che beneficiano di prestazioni di integrazione e sostegno al reddito.

La particolare crisi generata dall’emergenza in corso porta connotazioni particolari. Da essa si potrà uscire con una ripresa graduata. Ed è proprio qui che il terzo settore, come realtà sociale, economica e culturale in continua evoluzione, ha l’occasione di fare la propria parte come tassello del rilancio e non solo come mero spettatore.

* dottore commercialista e revisore legale

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