Il Giro d’Italia è la “corsa” per eccellenza. Intervista a Michele Coppolillo *

* di Gaspare STUMPO e Pasquale ALTOMARE

MICHELE Coppolillo, ex ciclista su strada, professionista dal 1991 al 2001, cosentino di origine, emiliano-romagnolo di adozione, è tra i più conosciuti e impegnati uomini dello sport italiano contemporaneo.  Un passato da protagonista delle due ruote da atleta con all’attivo partecipazioni e piazzamenti prestigiosi a corse a tappe e a classiche di prestigio internazionale, un presente da direttore sportivo nella formazione “Emilia-Romagna” che attiene al settore Under 23.  Lo abbiamo intervistato in occasione della quinta tappa del Giro d’Italia 2020 che in questi giorni percorre le strade della città natale a cui è rimasto molto legato.   

Coppolillo, grazie per la disponibilità. Il movimento ciclistico italiano non sta attraversando un bel periodo. In vista delle elezioni del presidente FCI, la candidatura di Silvio Martinello potrebbe dare una svolta, uno scossone al Comparto?

«Per quanto riguarda la presidenza FCI, ancora non si sanno i nomi di tutti i candidati. Non sono d’accordo però quando si parla di un movimento ciclistico “in crisi”: l’Italia ha appena vinto per la prima volta nella storia i Campionati del Mondo a cronometro, tra l’altro organizzati in Emilia-Romagna, a Imola, in soli venti giorni grazie alla grande collaborazione tra istituzioni, enti sportivi e organizzatori italiani. Una grande dimostrazione, in un anno difficile come questo, di cosa siamo in grado di fare in Italia. A vincere è stato Ganna, che ha indossato anche la prima maglia Rosa a Palermo. Poi ha già vinto una tappa anche Ulissi…».

Da qualche tempo sui social è in atto una forte critica nei confronti di Davide Cassani da parte di Mario Cipollini. Conosci bene entrambi, a tuo avviso il CT andrebbe riconfermato?

«Secondo me Davide in questi anni ha lavorato benissimo, ci ha messo del suo. Da CT dei professionisti ha ottenuto risultati: tre ori europei e ora anche il Mondiale con Ganna, dopo altre medaglie e ottime prestazioni di squadra. Da coordinatore delle squadre nazionali, poi, ha rilanciato il nostro ciclismo con grande concretezza, dando l’impulso per la ripartenza del Giro d’Italia Under 23, introducendo la partecipazione della Nazionale a numerose gare in calendario nel corso della stagione. Cassani ha sempre parlato con risultati concreti, preferendo i fatti alle parole».

Finalmente, nelle prove a cronometro l’Italia con Filippo Ganna diventa protagonista. Quanto dobbiamo ancora aspettare per essere competitivi anche nelle corse a tappe? Riesci ad intravvedere qualche giovane di belle speranze per il futuro?

«I giovani italiani ci sono. Il nostro ciclismo non soffre per mancanza di talenti, ma per le difficoltà economiche nel reperire sponsor e per regolamenti internazionali che hanno cercato di trasformare il ciclismo, il più popolare degli sport, in uno sport di “elite”. Servirebbe dare più spazio nelle gare importanti, in ogni Nazione, a qualche squadra locale in più: prendete come esempio il Giro d’Italia, su 22 team al via, solo 3 sono a invito. Se ci fossero più posti per i team italiani, sarebbe più facile per le nostre formazioni di seconda fascia andare a raccogliere sponsor. Lo stesso per il Tour de France, la Vuelta, le classiche in Belgio e in Francia… . E poi il ciclismo di oggi è globalizzato, con più Paesi protagonisti: trent’anni fa si giocava tutto tra Spagna, Italia, Francia e Belgio, oggi il livello è più alto e arrivano corridori forti da tutti i Continenti, pensate a sudafricani, neozelandesi, colombiani, di recente slovacchi e sloveni. Non possiamo pensare di avere il 50% dei campioni in Italia, è cambiato tutto».

Tu hai corso nelle tre maggiori competizioni a tappe. Quali di queste ti hanno regalato maggiori emozioni e quale Capitano (che hai affiancato) ti ha maggiormente impressionato?

«Sicuramente il Giro d’Italia per un corridore italiano è il massimo, è “la” corsa. Tra i miei compagni di squadra ci sono stati grandi campioni come Marco Pantani e Gianni Bugno, ma un corridore con cui ho condiviso gioie e dolori e con cui sono stato per tre anni a stretto contatto è Michele Bartoli. In quegli anni ha vinto tante classiche, anche con il nostro supporto, e restano tanti ricordi legati a quel periodo».

Michele Coppolillo è stato assessore allo Sport del Comune di Dozza. Come dovrebbe rapportarsi, soprattutto come potrebbero sostenere, le istituzioni, il mondo del Ciclismo e quello dello Sport più in generale.

«Intanto, fare l’assessore allo sport vuol dire conoscere il territorio, le associazioni e le società sportive presenti sul territorio stesso. Un amministratore deve per prima cosa saper ascoltare, toccare con mano, vivere il contesto locale in prima linea. Partendo da questa caratteristica fondamentale, l’ascolto, si cerca poi di trovare le soluzioni con le risorse a disposizione».

Cosa puoi dirci a proposito dell’esperienza con #inEmiliaRomagna Cycling Team e dei giovani impegnati nel settore Under 23?

«È un progetto molto ambizioso, promosso a partire dal 2019 da Apt Servizi Emilia-Romagna (azienda di promozione turistica della Regione, ndr) e Consorzio Terrabici. Da un lato è un team agonistico U23 di ottimo livello, che ha partecipato anche al Giro d’Italia Giovani; dall’altro i ragazzi tesserati, tutti emiliano-romagnoli, sono a tutti gli effetti gli ambassador in bicicletta dell’Emilia-Romagna, di cui vestono i colori. È un progetto di sport e marketing territoriale inedito in Italia, con pochi precedenti nel mondo: tra i promotori di questo progetto c’è proprio Davide Cassani, presidente APT Servizi Emilia-Romagna. Un altro progetto concreto, nato in questi anni per promuovere sempre di più il ciclismo e i nostri splendidi territori: speriamo che venga preso come esempio anche da altre Regioni».

Tu sei cosentino di origine ed emiliano di adozione. Hai vissuto in Calabria prima di trasferirti nell’Imolese per questioni familiari e professionali. Può sembrare retorico chiederti quale continua ad essere la differenza nella pratica del ciclismo tra regioni del Nord e regioni Sud. E cosa occorre, eventualmente, per incrementare la partecipazione? L’E-Bike potrebbe dare una svolta non solo in termini di innovazione?

«È ovvio che l’ecosostenibilità dà una mano all’ambiente e consente a tutti di potersi muovere. Sicuramente oggi la differenza tra Nord e Sud per quanto riguarda il ciclismo è ancora molto evidente, soprattutto dal punto di vista delle risorse economiche, ma è altrettanto evidente che il Sud abbia un grandissimo potenziale per lo sviluppo del turismo in bicicletta. Un veicolo di promozione del territorio e che al tempo stesso potrebbe consentire anche al ciclismo di entrare sempre più a far parte della vita delle persone».

Il settore sportivo ha subito conseguenze serie sul piano agonistico, organizzativo ed economico, per gli effetti legati alla pandemia. Come stai vivendo questo “momento” difficile e per certi aspetti anomalo, e quali consigli ti senti di rivolgere a protagonisti e addetti ai lavori?

«Lo sport sta reagendo bene, dobbiamo convivere con questo virus cercando di mantenere la massima sicurezza possibile in tutte le attività. Lo sport e il ciclismo in particolare hanno elaborato dei protocolli che al momento sembrano funzionare bene, non dobbiamo abbassare la guardia di fronte a un problema che riguarda la quotidianità di tutte le persone in tutto il mondo, ma fino ad ora le gare ciclistiche sono state gestite molto bene».

Da Mileto a Camigliatello Silano, dai “due mari” alla montagna passando per le colline del Savuto fino a Cosenza. Come si caratterizza la tappa? Quali caratteristiche vanta il percorso?

«È un territorio che conosco benissimo e a cui sono molto legato. A Mileto nel 1990 ho vinto una corsa a tappe internazionale, la “Sei Giorni del Sole”, che mi ha lanciato verso il mondo del professionismo. A organizzare quella gara era Mimmo Bulzomì, che è tra coloro che più di tutti hanno voluto questa tappa del Giro. Riguardo il percorso, si percorrono strade che per me sono state terreno dei miei allenamenti quotidiani da ragazzo fino a 15 anni, quando poi ho fatto la valigia per trasferirmi in Emilia-Romagna. Poi si arriva in una provincia, quella di Cosenza, che ci tengo a ricordare è stata anche la zona di provenienza di un amico fraterno, che purtroppo oggi non c’è più: Pino Faraca, che è stato anche maglia Bianca al Giro d’Italia e che era il mio idolo da ragazzino: è con lui che mi sono avvicinato a questo sport. È una tappa con tante chiavi di lettura, per quanto mi riguarda. Dal punto di vista tecnico, è una tappa in cui non c’è neanche un metro di pianura, poi una lunga salita finale, che non presenta pendenze proibitive ma che è comunque impegnativa e si fa dare del “lei”. Posso garantire che in una tappa come questa si inizierà a capire qual è la reale condizione dei corridori».

Quali sono le tue previsioni per la vittoria finale al Giro 2020?

«Anche se vado controcorrente, secondo me un corridore come Vincenzo Nibali alla fine delle tre settimane può essere tra i favoriti. Dovrà vedersela con avversari molti forti, su tutti Geraint Thomas e Simon Yates, ma credo che Nibali, già capace di vincere tutti i tre grandi giri, possa dire ancora la sua».

Grazie Coppolillo e buon lavoro.

Fonte: Parola di Vita

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