Le ragioni dell’immigrazione, intervista al professor Mario Caligiuri *

di Cinzia BARONE *

Mario Caligiuri

Professor Caligiuri, quali sono le ragioni che  hanno determinato  l’immigrazione massiccia degli ultimi anni verso i Paesi Europei ? Le ragioni dell’immigrazione massiccia sono da sempre le medesime e sono legate a dinamiche storiche, culturali, sociali ma soprattutto economiche. Non dimentichiamo che queste stesse ragioni hanno determinato l’emigrazione dal nostro Paese,  dall’Unità d’Italia, nel 1861,  fino al secondo Dopoguerra. In particolare nella prima fase dell’Unità d’Italia, molti uomini e molte donne del nostro Paese sono  emigrati  verso il sud dell’America e successivamente  verso il nord dell’America. Malgrado ciò,  alcuni uomini politici dell’epoca, come Bettino Ricasoli, consideravano l’emigrazione in modo positivo perché consentiva una mobilità economica attraverso le rimesse degli emigranti. Il vero problema è che non sono state create le condizioni per permettere a queste persone di  rientrare in Italia,  piuttosto dopo la Seconda Guerra Mondiale il flusso migratorio è aumentato  orientandosi  soprattutto in Europa, Australia e di nuovo il Canada. In tempi  recenti  il processo migratorio si è sviluppato con la globalizzazione ed è il risultato delle disuguaglianze economiche  che ci sono a livello mondiale  e che sono destinate ad aumentare. E sebbene,  paradossalmente,  per un certo periodo di tempo la globalizzazione ha  attenuato questi divari,  tuttavia,  nel breve periodo dobbiamo prepararci a degli sconvolgimenti senza precedenti. Le ondate immigratorie  arriveranno in maniera sempre più massiccia nei prossimi anni e proverranno,  soprattutto nel nostro Paese,  dal Centro Africa. Basti pensare, per esempio, che la Nigeria nel 2040 avrà lo stesso numero, se non superiore,  agli abitanti di tutta l’Unione Europea, immigrati compresi.  Questi semplici dati ci fanno capire  che oggi l’immigrazione è un problema notevole legato alle disuguaglianze economiche.  La nostra sarà una terra di  approdo per tanti migranti,  molti dei quali di religione islamica e questo porrà tutta una serie di questioni culturali, religiose e politiche. Bisogna prepararsi a quello che inevitabilmente accadrà. Il nostro Paese dovrebbe cercare, fin da ora, di anticipare alcuni fenomeni piuttosto che limitarsi a gestirli male una volta verificati. L’immigrazione non è un fenomeno che  si può bloccare evitando l’approccio di una nave in un porto, poiché questi  sono provvedimenti dimostrativi che non incidono sul problema se non in maniera assolutamente residuale.

L’Italia, dunque, sarà l’approdo  privilegiato per i migranti proveniente dal continente africano e dal medio oriente, per quale ragione secondo lei? La ragione è ovvia. Il nostro Paese è collocato, dal punto di vista geografico, al centro del Mediterraneo. Noi siamo terra di passaggio sia per i migranti che provengono dal sud del mondo, sia per quelli che provengono dal nord-est. E con il tempo non saremo più solo un luogo di approdo ma diventeremo un luogo in cui i migranti vorranno restare stabilmente. Le percentuali dei migranti negli ultimi anni in Italia  sono crescenti e lo saranno sempre di più per due ragioni: il suicidio demografico del nostro Paese che sarà sempre più accentuato e le politiche Europee che si sono sviluppate negli ultimi anni in tema di immigrazione.  

Quali saranno i cambiamenti sociali che l’immigrazione produrrà nella società europea ed in particolare in quella Italiana ? Intanto bisogna dire che  l’arrivo di persone portatrici di altre storie, di altri valori, di altre visioni del mondo, di altri credi religiosi, renderà necessario un confronto che richiederà consapevolezza da parte dei governanti Europei . Oggi spesso i Paesi Europei  considerano l’immigrazione un “proxi” ossia un argomento utilizzato per parlare di altro, per distogliere l’attenzione dai veri problemi che l’immigrazione porta con sé.  Infatti i fenomeni migratori vengono analizzati dal punto di vista politico e non dal punto di vista reale, dalle ricadute che questo fenomeno può portare nel medio e nel lungo periodo all’interno delle società. Solo negli ex Paesi coloniali di Gran Bretagna e Francia il problema delle ricadute sociali del fenomeno migratorio  è stato affrontato per prima, poiché in entrambi i Paesi ci sono migranti di prima, di seconda e di terza generazione. Gli attentati terroristici del 2016 e del 2017 all’interno dei territori europei hanno messo in evidenza, seppure in forma estrema,  che esiste un problema di gestione dell’immigrazione. In Europa  esiste, in particolare, un problema di integrazione che riguarda non solo i migranti ma anche gli stessi cittadini europei ed è dovuto al disagio economico-sociale che è  destinato ad aumentare.  Basti pensare a quello che è accaduto negli anni passati in Francia dove l’ondata di consensi del partito di estrema Destra, di Marine Le Pen, sembrava incontenibile perché intercettava un disagio reale all’interno della società francese. L’establishment ha risposto creando a tavolino la presidenza di  Emmanuel Macron,  che in questo momento sembra stia funzionando. Il tema dunque è quello di gestire i flussi migratori sulla base di risultanze concrete e non sulla base dei valori personali per cui se riteniamo l’accoglienza un valore esprimiamo un determinato punto di vista,  se  riteniamo, invece,  che sia  l’identità culturale un valore esprimiamo un altro punto di vista. A tal proposito, mi piace ricordare  il pensiero di Giorgio Galli,  il quale affermava che, probabilmente, l’unica vera distinzione tra Destra e Sinistra è rappresentata dai punti di vista in relazione alla immigrazione. Personalmente credo che ci sia  bisogno di trovare un punto di equilibrio rispetto a questo fenomeno e di avere una visione politica che miri a recuperare la tradizione, i valori e la cultura dell’occidente, a cominciare dalla tradizione e dalla cultura cristiana. Anche la Chiesa Cattolica, attenta a questi fenomeni, si sta organizzando per colmare i vuoti. Il presidente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana), cardinale Gualtiero Bassetti, in una recente intervista, ha affermato che l’accoglienza da sola non basta, ma va declinata con l’accompagnamento per consentire l’inserimento delle persone nella società, propriamente per favorire l’integrazione.

Quanto la crisi pandemica ha influito sull’andamento del flusso immigratorio ? La crisi pandemica ha, certamente, limitato il flusso migratorio. Tuttavia è bene precisare che questo non  significa che il fenomeno migratorio sia definitivamente scomparso. Infatti negli ultimi periodi sulle nostre coste sono ripresi gli sbarchi. Dobbiamo capire che  è  un fenomeno incontenibile ed inarrestabile.

Qual è il ruolo della criminalità organizzata  nella gestione dei flussi migratori? Oserei dire che il ruolo della criminalità organizzata è molto rilevante. Sono tantissimi gli  interessi criminali, sia esteri che nazionali,  nel traffico dei clandestini.  E’ di fatto  un mercato al pari del mercato della droga, delle armi e di altri settori dell’illecito. E’ un interesse evidente e alla luce del sole.

Una parte della politica italiana ha da sempre affermato che i migranti rappresentano una risorsa per il nostro Paese, mentre un’altra parte politica afferma l’esatto contrario e parla di immigrazione “ controllata”.  Secondo lei   il fenomeno migratorio verso i Paesi Europei può essere  in qualche modo regolamentato ? Cercare di  regolamentare l’immigrazione è un tentativo che occorre fare. Tuttavia essendo un problema generale non si può pensare che debba essere gestito da ogni singolo Paese. L’azione dell’Unione Europea ha un senso se riesce a trovare delle politiche comuni a problemi comuni. Non dimentichiamo l’assenza di una presa di posizione politica  da parte dell’Europa quando si pensava, qualche anno fa,  che  il fenomeno migratorio  riguardasse principalmente il nostro Paese ed ancora  lo scorso anno quando la gestione della pandemia si credeva fosse,  in maniera prevalente, un problema solo italiano. L’Unione Europea, prima di agire, ha dovuto attendere che il fenomeno migratorio prima e quello pandemico dopo si espandessero anche a tutti gli altri Paesi, per cercare di trovare delle politiche di contenimento. Questo dimostra che l’Europa incomincia a definire le sue politiche ed a orientare le sue  risorse solo quando i problemi diventano rilevantissimi e riguardano tutti dell’Area Schengen. Appare chiaro che le istituzioni europee sono sempre in ritardo rispetto ai fenomeni che accadono e che il concetto di solidarietà  verso chi vive determinati problemi è molto relativo. E’ significativo che il premier Mario Draghi abbia fatto includere nell’agenda di Barcellona, dove ha incontrato il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez, oltre al Recovery Plan, strumento urgente per Spagna ed Italia, la collaborazione economica, e la sfida dell’immigrazione in vista del prossimo Consiglio Europeo, dove la questione migratoria dovrà essere affrontata come questione europea che non riguarda , quindi, solo i Paesi di approdo.

Quale ruolo, quindi,  in futuro potrà e dovrà  svolgere l’Europa per cercare di “governare” il fenomeno dell’immigrazione? L’Europa deve partite dall’analisi della realtà. E’ necessario che le Istituzioni si rendano conto che l’immigrazione è un fenomeno incontenibile e che è necessario trovare il modo di  gestirlo in funzione di una crescita armonica dell’Unione Europea. A tal proposito, ho molto apprezzato il punto di vista sull’immigrazione che venne espresso qualche anno fa dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, probabilmente unico “gigante politico dell’Europa” di questi ultimi anni. La Merkel cambiando improvvisamente linea  sulla politica migratoria interna, mise in atto alcune scelte mirate all’accoglimento degli immigrati all’interno del proprio Paese. Ha dimostrato,  in tal modo,  che tutta l’Europa è chiamata a fare un’ attenta analisi politica che porti  alla collaborazione di tutti i Paesi Europei in tema di immigrazione. Sebbene comprendo benissimo che questo è molto difficile in presenza di classi dirigenti nazionali di tanti Paesi che sono largamente inadeguate.

*giornalista p.

Fonte: Calabria che Accoglie 2.0

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