Il Sacro Calice e la Cattedrale di Valencia*

Testo e foto di Letterio POMARA *

Cattedrale di Valéncia. Ingresso

LA RICERCA del Santo Grial è stato da sempre uno dei grandi temi che affascina l’umanità. Si credeva che dava addirittura l’immortalità e ci si avvicinava come non mai al divino. Tra le più importanti reliquie cristiane conosciute, El Santo Grial – come lo chiamano gli spagnoli – è stato un protagonista rilevante delle Crociate, il segreto dei Templari e ha perfino ispirato numerose leggende. Di fatto oggi, l’unico calice originale si trova nella Cattedrale di Valencia. Questo almeno è quanto asserisce, con una percentuale del quasi cento per cento, la storica dell’arte e profonda studiosa del Graal, Ana Mafé García. I suoi studi si basano su un metodo iconologico scientifico applicato ai vari documenti che si trovano a Gerusalemme, San Juan de la Peña, Roma e Napoli. Tracciando un filo tra questi luoghi, ha potuto constatare – a suo dire – che il calice ha lasciato un’impronta che coincide con l’arco del tempo. Un altro ricercatore, Gabriel Songel, docente di disegno all’Università di Valencia, dopo sei anni di studio ha convenuto che il Santo Calice stava in Aragona già nel secolo XI. Ne è la prova ritrovata in un manoscritto presso il monastero di San Juan de la Peña. E siccome il Santo Grial della Cattedrale di Valencia è quello proveniente dal monastero, se ne deduce che verosimilmente sia l’autentico. Ulteriori studi tecnici, infine, hanno confermato che la coppa del calice è di una pietra, l’agata, che si trovava solamente in Palestina e che fu tagliata nella forma attuale intorno al I secolo. Nessuno peraltro sino ad oggi ha mai contestato questi ultimi due dati. Tutte le teorie su altri calici hanno datazioni di periodi e finalità differenti da quella dell’Ultima Cena e peraltro non sono supportati da riscontri archeologici e/o scientifici. È dal lontano 1437 che il Santo Calice è custodito oggi nella cattedrale di Valencia, e dal 1916 nella Cappella appositamente denominata del Santo Grial. È una tra le più importanti e ammirate reliquie cristiane. Riconosciuta dalla Chiesa cattolica ed eretta a simbolo dell’unione tra le culture ebraica, cristiana e musulmana, ha generato un gran numero di leggende. Tra le tante, quella di Re Artù, del Parsifal di Chrétien, e non ultima Giuseppe d’Arimatea di Robert de Boron. Il Sacro Graal è stato un protagonista rilevante delle Crociate e del segreto dei Templari. Cinema, letteratura, musica, pittura e addirittura videogiochi, hanno poi fatto il resto aumentandone interesse, mistero e fama. I dati documentari e storici sul lungo peregrinare di questa reliquia sino alla Cattedrale di Valencia, indicano che si tratta del Calice utilizzato da Gesù Cristo nell’Ultima Cena. Iniziò il suo viaggio da Gerusalemme. Fu venerata a Roma fino alla seconda metà del III secolo, finché, in seguito alle persecuzioni dei cristiani ad opera dell’imperatore Valeriano, Papa Sisto la affidò a San Lorenzo, per trafugarla in Spagna, dove il Santo era nato. Il Calice arrivò quindi a Huesca prima e presso il monastero di San Juan de La Peña in Aragona, poi. Da qui, fra varie vicissitudini e ulteriori trasferimenti, nel 1432 – grazie ad Alfonso V il Magnanimo – concluse il suo viaggio nella Cattedrale di Valencia, dove presso la Cappella è venerata da fedeli e pellegrini.

Il lungo viaggio che – tra alti e bassi, lotte, nascondigli, storie e leggende – ha forgiato il mito del Graal che resiste ancor oggi. Un’eredità spirituale tra le più importanti d’Europa la cui sacralità è riconosciuta dalla Santa Sede. Si presume sia il calice con cui Cristo celebrò l’Ultima Cena e dove, narra la tradizione, Giuseppe

d’Arimatea raccolse il Suo sangue dopo la crocifissione. Ebbe inizio da allora il lungo viaggio del Santo Grial nei secoli, verso il Sud della Spagna, passando anche per la città di Sagunto, fondata come Valencia, dai Romani.

Ma la reliquia, com’è?

La coppa ha tre parti diverse e la reliquia stessa è il calice in agata striata, una pietra originaria della Palestina. Una coppa da benedizione ebraica realizzata nel I secolo a.C. e utilizzata per la Pasqua ebraica. Grazie agli studi archeologici effettuati dal ricercatore Antonio Beltrán, sappiamo che risale al periodo compreso tra il IV secolo a.C. e il I secolo d.C., e che è stata scolpita in una bottega orientale d’Egitto, Siria o Palestina. Le ricerche dimostrano che il piede è un vaso egizio o califfale del X o XI secolo, aggiunto alla coppa intorno al II secolo, a dimostrazione della sua eccezionale importanza. Le perle e le pietre preziose che lo ornano sono posteriori e sarebbero state inserite quando il Santo Calice si venerava presso il Monastero di San Juan de la Peña, nei Pirenei aragonesi. Oggi si trova in un’urna di vetro super blindata, nella Cappella del Santo Calice, dentro la Cattedrale di Valencia. Sofisticati impianti di sicurezza lo proteggono e lo rendono inavvicinabile da parte di comuni visitatori, anche se lo si può vedere a debita distanza.

Qualche curiosità sul Santo Calice.

Replica del Santo Calice di Valéncia

In origine si notò che la coppa da sola avrebbe corso rischi di eventuali rotture e pertanto, per la sua protezione e quindi per non toccarla direttamente, nell’XI secolo, furono aggiunte la base e le anse d’oro riccamente decorate. Si sa inoltre che è sopravvissuto a una caduta accidentale in un Venerdì Santo del 1744, lasciando una seppur minima scalfittura sul bordo. È uscito indenne dalla Guerra d’Indipendenza vagando da Valencia ad Alicante, Ibiza e Palma di Maiorca. Fu anche salvato dalla profanazione della Cattedrale durante la guerra civile spagnola. Fu tale Sabina Suey, che se ne prese cura nascondendolo prima nella sua casa valenziana di Calle Avellanas e poi a Carlet sino alla fine della guerra. Il Santo Cáliz lascia la sua cappella solo due volte all’anno per essere portato in processione all’Altare Maggiore della Cattedrale. Il Giovedì Santo, per la Messa “In coena Domini” e, l’ultimo giovedì di Ottobre, per la celebrazione della Messa in ricorrenza della festa annuale del Santo Calice. In quest’occasione viene mostrato a fedeli e pellegrini nelle mani del Canonico-celadòr (il custode) D. Álvaro Almenar, l’unica persona autorizzata a toccarlo, oltre ai Papi. Due dei nostri giorni, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI nelle loro rispettive visite a Valencia del 1982 e del 2006, hanno celebrato l’Eucarestia con il Sacro Graal. Nel 2015 poi, Papa Francesco ha anche concesso a Valencia la celebrazione dell’Anno Santo giubilare, che si ripeterà ogni cinque anni nella città del Turia. Nell’Ottobre 2021 si è concluso il secondo anno giubilare del Santo Calice. Solo sette luoghi al mondo celebrano un Anno Giubilare in perpetuo, sono Gerusalemme, Roma, Santiago di Compostela, Valencia, Camaleño (Cantabria), Urda (Toledo) e Caravaca de la Cruz (Murcia). Per comprendere meglio l’evoluzione storica del Graal e il suo lungo viaggio sino a Valencia, nei pressi della Cattedrale si trova l’Aula Grial, un museo esplicativo e didattico diretto con grande abnegazione da Alicia Palazón. Qui, tra vari cimeli, si può ammirare da vicino una perfetta replica del celebre calice scoprendone i dettagli più nascosti. Un’altra, anch’essa realizzata dai maestri orafi valenziani Pirò, è possibile trovarla presso il Centro Artigianale della Comunidad Valenciana. Un’ultima nota, anche di colore, se vogliamo. Il calice dà anche il nome a un cappello. È il modello Graal disponibile da “Sombreros Albero” a Valencia o nel sito online. Si ispira al modello indossato da Indiana Jones.

Le tracce del Santo Grial a Valencia.

Lungo il percorso e prima di arrivare nella Cattedrale di Valencia, il Santo Grial ha lasciato numerose tracce che si possono osservare in alcuni luoghi della stessa città. Nel Museo de Bellas Artes de Valencia. È la seconda galleria d’arte in Spagna dopo il Museo del Prado di Madrid e qui sono ospitate tre opere in cui è riprodotto il Santo Calice. Due di Joan de Joanes del XVI secolo e un’altra della pittrice valenziana, Joan a Ribalta. Al Museo del Patriarca e al Museo del Corpus. Ai Jardines del Real, nella residenza del re Alfonso il Magnanimo, colui che portò il Santo Grial a Valencia e lo custodì qui per un po’ di tempo prima di cederlo – a compensazione di un debito da lui contratto nei confronti del Capitolo della Cattedrale, per le sue campagne – come dimostra dopo un’attenta ricerca – il professor Vicente Pons Alós, archivista canonico – bibliotecario della Cattedrale.

Il Pellegrinaggio del Santo Calice.

Fino al suo arrivo al Palazzo Reale di Valencia nel 1424, il Santo Calice, durante i secoli, aveva cambiato più volte di mano e di residenza, sino ad arrivare in quello che è diventato oggi un interessante percorso di pellegrinaggio. Istituito intorno agli anni 2000 e chiamato El Camino del Santo Grial, ha inizio a San Juan de La Peña, sui Pirenei Aragonesi, dove peraltro esiste una replica del tutto identica all’originale Santo Graal, realizzata, anche questa, dagli orefici valenziani Piró. Un Cammino fra storia, natura, cultura e spiritualità. Un itinerario spagnolo che ripercorre un tratto del lungo cammino che il Sacro Calice intraprese per arrivare alla sua attuale destinazione. Un percorso, El Camino del Santo Grial che lo si può fare a piedi, in bicicletta o a cavallo. Dal punto di partenza, San Juan de La Peña, fino alla Cattedrale di Valencia, ha una lunghezza di circa 550 chilometri e tocca Jaca, Huesca, Zaragoza, Teruel, Sagunto, e tantissimi altri pueblos. Suddiviso in 22 tappe tra 10 e 34 chilometri – ma ognuno può gestirli come vuole – prima di intraprenderlo si potrà richiedere la credenziale all’Asociación Cultural El Camino del Santo Grial. È un percorso transnazionale, basato sul Progetto Itinerario del Santo Graal della Cultura e del Patrimonio Europeo, e avvicina a un passato millenario sulla tradizione del Santo Graal dell’Ultima Cena di Cristo. Adesso intanto, maturata la programmazione, la Comunidad Valenciana, sta lavorando ad un “suo” Camino del Santo Grial, e già da mesi ha iniziato a porre la segnaletica lungo il percorso.

* Chi è Letterio POMARA?

FOTOREPORTER professionista freelance dal 1979. Reportage fotogiornalistici a sfondo sociale, antropologico e ambientale, i temi della sua fotografia. Ha anche ritratto grandi personaggi della cultura, della scienza, della politica, dello sport, dello spettacolo e della moda, tracciandone fotograficamente i loro aspetti meno pubblici. Da sempre alterna al lavoro professionale un percorso artistico personale e di ricerca. Anche se per motivi editoriali fotografa a colori, è votato alla convenzionale fotografia in bianco/nero e alla soddisfazione delle sue esigenze estetiche. Anche per questo quasi sempre, le sue mostre sono in bianco/nero. Artista poliedrico, Pomara, ha al suo attivo innumerevoli mostre e pubblicazioni. Sue monografie aziendali sono state utilizzate per importanti campagne pubblicitarie nazionali ed estere, nonché per prestigiosi cataloghi. Ha scritto e pubblicato con le Edizioni San Paolo-Paoline, il libro di narrativa “Santiago. La fuerza del Camino”. Più volte hanno scritto di lui e/o recensito le sue mostre: la Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, La Nazione, Il Tirreno, Il Mattino, Giornale di Sicilia, La Sicilia, la Gazzetta del Sud, El País, El Levante, El Periodico, etc… . Sue foto e servizi sono pubblicati da: Il Venerdì di Repubblica – Sette/Corriere della Sera – L’Espresso – Panorama – Famiglia Cristiana – Le Monde Magazine – Le Figaro – Frankfurter Allgemeine – El País – El Levante – El Periodico – The Guardian – The SundayTimes – The Sunday Times Magazine – Art & Graphic Journal – Art das Kunstmagazin – Geografický Magazín Koktejl – Globus – Harper’s Bazaar – Vogue España – Daily Telegraph – Time/Life – The New York Time Magazine. Per tutti i Paesi, Italia esclusa, le sue fotografie sono distribuite in esclusiva dall’Agenzia fotogiornalistica SipaPress di Parigi.

Fonte: Parola di Vita

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.